Non so a voi, ma credo che a me i figli creino dipendenza (poi magari al secondo o al terzo ne riparliamo :)).
Sono diventata mamma tardi, 36 anni. Certo, in linea con i tempi di adesso, ma lasciando stare dinamiche sociali ed economiche, è tardi.
Per questioni di energia, prima di tutto, e di tempo, poi.
Perchè se a 20 anni le notti in bianco le reggi a gogo e l’hangover dura giusto qualche ora, a 36 ti sconquassano come non mai. Perchè se a 20 anni balli per ore senza sosta, a 36 hai il fiatone dopo la seconda rampa di scale. Ma lasciando l’ironia e i limiti fisici, a 36 anni è tardi perchè solo quando li vedi crescere da un giorno all’altro, ti rendi conto di quanto il tempo voli e capisci che se avessti fatto i tuoi figli prima, avresti più vita da trascorrere con loro, stargli accanto, vedere cosa diventeranno e se e come continueranno a mandare avanti questa Terra.
Per cui, condizioni varie permettendo, se Cipollino fosse arrivato prima forse non avrei questi pensieri malinconici sul futuro e il tempo che resta (allegria!). Certo è che prima mi mancava un ‘padre’ da dargli, per cui alla fine ci è andata bene anche così, perchè quello che ha è il padre migliore che potesse capitargli. Non perfetto, sicuramente, ma chi lo è?
E’ il migliore perchè lo ama e si prende cura di lui, come un papà che non ha paura di fare un pò la mamma, quando serve. Fa il padre, ma non ha limiti nell’accudimento, e saprà insegnargli che uomo e donna sono uguali, non ci sono compiti che spettano a uno e non all’altro, che la vita in due è collaborazione e condivisione. Poi gli insegna anche che sotto il letto c’è il lupo (:/) ma questa è un’altra storia, e del suo essere padre ne parlerò in un altro post, magari.
Qui torniamo alla dipendenza da figli. Sì, non dipendenza dai figli, ma dipendenza da figli. Appena è nato Enea forse la cosa non è stata così lampante, mettici la sensazione di essere in uno shaker, mettici il baby blues, mettici la novità e il bisogno di assestamento. Da qualche mese a questa parte invece, ora che Cipollino ha un anno e mezzo e inizia ad avere la forma di un ometto, mi si è incastrato in testa un pensiero.
Ma quanta potenzialità meravigliosa c’è nel dare vita ad un bambino?
Se Enea avesse un fratellino, sarebbe come lui o diverso? Biondo come lui o moro? Indiavolato come lui o calmo? Morsicatore o coccolone? Signor no o tutto cuoricini? E se ne avesse un altro, di fratellino? Somiglierebbe di più a lui o al secondo?
Quello che so è che di figli posso farne potenzialmente tanti, ma ognuno sarebbe un essere unico e speciale. E chissà come sarebbe.
Ma dietro questa curiosità profonda, c’è anche una speranza e una visione molto personali. Da mamma, la cura che metto nell’educare Enea non è solo finalizzata al prepararlo al mondo; lo faccio perchè vorrei crescesse con quei valori capaci di lasciare il mondo intorno a lui più bello di come lo trova. Il suo futuro dipende dai piccoli semi che pianto ogni giorno con lui, attraverso l’educazione.
Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo, diceva un certo Gandhi. Ecco, io da genitore mi sento questo ‘peso’ addosso. La pena e il dolore che, soprattutto da quando sono mamma, provo davanti a certi fatti di cronaca, o agli accadimenti e le ingiustizie che accadono nel mondo, mi chiedono di fare qualcosa.
Da genitore, il gesto più importante che posso fare è educare Enea al rispetto della natura, dei sentimenti, dell’altro come Persona; ad amare la libertà, quella buona, quella che fa bene anche agli altri.
Come ogni piccolo seme che pianto nella sua educazione lo aiuterà a diventare l’Uomo che sarà, così ogni piccolo Uomo giusto che manderemo per il mondo aiuterà a renderlo migliore.
Non è solo il suo futuro che dipende da lui. È il futuro che dipende anche da lui.
Questo è il pensiero che mi guida, e che mi aiuta a rimettermi in riga, rimediare e migliorare tutte le (tante!) volte che faccio qualche cazzata.
Che (provare a) educare un figlio è un lavoro tosto, lasciarsi guidare dall’isitinto non è sufficiente, e informarsi ti butta in un mare di teorie e tecniche e consigli da cui è quasi impossibile uscire vivi. Il risultato è una continua lotta tra quello che credo giusto, il mio carattere, quello che mi viene di istinto, l’errore sempre dietro l’angolo e i disturbi o gli aiuti che vengono dall’esterno. E il successo non è certo. Ma avrò la consapevolezza di aver provato a fare del mio meglio, non pensando solo all’oggi, ma anche al domani, non solo a Enea ma anche alle persone che incontrerà nella sua vita.
Qualche giorno fa un musicista, mentre preparavamo una performance, parlando di Cipollino mi ha detto ‘Fagli vivere esperienze bellissime, tutte quelle che puoi, affinchè diventi un Uomo meraviglioso‘. Ecco, questo è quello che voglio fare. Ogni giorno.