Il (difficile) mestiere di educare

educare

Non mi piace etichettarmi come seguace di quella o quell’altra linea educativa; come già raccontavo, ho cercato di documentarmi, continuo a farlo, e di tutto quello che leggo, poi prendo solo ciò che mi appartiene e che sento di poter fare, certo non senza difficoltà. Ogni giorno mi imbatto nella realtà dell’essere genitore e occorre avere l’intelligenza di aggiustare il tiro, di capire quando e perchè si è fatto un certo errore, quella cosa che non mi fa sentire felice e soddisfatta, e poi perdonarmi, con l’idea fissa, però, che la prossima volta dovrò fare di meglio.

Ma se devo dare una forma alla linea educativa che voglio tenere con Enea, questi sono i punti fermi: rispetto ed empatia, nessuna prevaricazione, fidarmi della sua intelligenza e capacità, condividere.

Il rispetto e l’empatia

Perdiamo molto spesso il senso del nostro esistere separandoci dall’altro e mettendo dei limiti al nostro sentire. A tutti noi è capitato di giudicare qualcuno senza metterci nei suoi panni, senza cercare di capire perchè si stia comportando in quel determinato modo. Difficilmente ci chiediamo cosa faremmo noi nella stessa situazione, ma chissà perchè abbiamo sempre la soluzione pronta, una soluzione spesso bestiale. Mettersi al posto dell’altro è molto difficile, credo soprattutto perchè spesso ci richiede di mettere in discussione le nostre sicurezze. Ecco, da quando ho la vita di Enea tra le mani sto cercando di imparare questo, a mettermi nei suoi panni, a cercare di guardare le sue azioni con gli occhi di lui bambino. E al di fuori di lui, gli parlo e gli racconto delle situazione che viviamo cercando di trasmettergli quel seme di comprensione e di rispetto che va al di là del singolo evento, ma che coinvolgono l’essere persona nel suo complesso. Rispetto per l’altro, per le scelte religiose, sessuali, politiche, per l’ambiente. Rispetto che non significa necessariamente condivisione, ma accettazione della differenza come ricchezza e soprattutto come libertà, questo sì. Certo, è ancora molto piccolo e molti argomenti non li comprende ancora, ma l’educazione non è un interruttore che si accende un giorno all’improvviso perchè “è ora”, è qualcosa che lo accompagna pian piano, da sempre, parlando la sua lingua man mano che cresce.

Nessuna prevaricazione

Insegnare ad un bambino il rispetto verso gli altri, parte come prima cosa dal rispetto che noi adulti abbiamo nei suoi confronti. Ci viene molto facile rapportarci ad un bambino con superiorità, lui è piccolo, noi siamo grandi, e questo sfocia, spesso troppo nauralmente, nella prevaricazione, nell’alzare la voce per fargli capire chi comanda, nel mostrargli chi è il più forte, con sculacciate o altri atteggiamenti ‘fisici’. Alzi la mano chi non è cresciuto così. Siamo di fronte ad un’abitudine atavica che è molto difficile da scardinare. Per me lo è, molto. E sono caduta, eh, tante volte, soprattutto di fronte ai morsi e ai pizzicotti che Enea si lascia sfuggire quando è nervoso, stanco o frustrato. E me lo chiedo in continuazione, se questo suo atteggiamento aggressivo sia lo specchio dei miei nervosismi, che a volte non riesco a gestire, quando sono stanca o sfibrata da una pazienza che arranca da ore, in equilibrio precario, sul filo della comprensione e dell’accoglienza. Scivolo, cado ma mi rialzo pure, e so che la volta dopo andrà meglio, resisterò un pò di più. So anche che Enea cresce veloce, come tutti i cuccioli, e sarà più facile per me spiegare, e per lui capire.
Intanto, quando capita che giochiamo o ci facciamo gli scherzi e lui dice “Basta”,  l’ascoltiamo. Sappiamo fermarci davanti ad un basta, va rispettato, il basta. Sembra una piccola cosa, ma nasconde, secondo me, uno dei principi fondamentali del rispetto dell’altro, il capire che la nostra libertà ha un limite, e quel limite è l’altro e va rispettato.

Fidarmi della sua intelligenza, alias niente ricatti o bugie

Quante volte per far stare buono un bambino gli raccontiamo delle bugie o lo  ricattiamo? Facile, veloce e probabilmente nell’immediato otteniamo anche dei risultati migliori. Ma soprattutto è subdolo, perchè spesso non ci accorgiamo nemmeno noi di adottare queste ‘tecniche’. (E spesso invece ci accorgiamo, ma oh…cheppppallle stare a spiegare la stessa cosa 200 volte…è così e punto. Se non fai il buono arriva la polizia, capito?! :))
Scherzi a parte, perchè siamo umani e la perfezione fa comunque parte di quegli estremismi che mi spaventano, mentire ad un bambino significa zittirlo sul momento, senza dargli gli strumenti per capire, domani, quale potrebbe essere il comportamento più adatto. Dirgli che la cioccolata è finita, invece di spiegargli che mangiarne troppa non fa bene, che la regola è un cioccolatino al giorno, o a settimana, o quando c’è un’occasione speciale o quando è il momento ‘sorpresa!‘, non lo aiuterà a capire cosa può fare, quando avrà di nuovo la cioccolata a disposizione. E se poi si accorge che la cioccolata non è affatto finita, abbiamo perso l’occasione di farlo credere in noi.
Anche nel tranello dei ricatti è facile cadere, per noi genitori: se non mangi la verdure non andiamo ai giardini, se non fai il buono niente gelato. È facilissimo, perchè come per le bugie, nel breve periodo ci semplifica la vita, ma in questo modo rischiamo di perdere di vista i motivi dietro determinati comportamenti, magari perdiamo anche l’occasione di conoscere un pezzetto nuovo del nostro bambino. Richiede tempo, pazienza e tenacia, affrontare la situazione in maniera diversa, perchè non funziona sempre e soprattutto non funziona subito, ma possiamo provarci, poi oh…ricordiamoci che siamo umani e non colpevolizziamoci troppo, come siamo soliti fare, se ogni tanto per tagliare corto ricorriamo ad un aut-aut.

Fidarmi delle sue capacità, alias educarlo all’indipendenza

I bambini sembra vogliano fare tutto da soli, ma poi non sono capaci! Egraziealcaxx. Ma anche qui, quando si accende il bottone ‘togliersi le scarpe’ o ‘infilarsi i pantaloni’? Non si accende, si apprende. Questo significa che quando vedo che Enea vuole fare qualcosa da solo, a meno che non sia pericoloso, provo a lasciarlo fare. E se lo sta facendo nel modo sbagliato, lo lascio provare, gli dico che se ha bisogno di aiuto io sono lì e gli do le indicazioni per riuscire. Ma che fatica pure qui! Quante volte, per mancanza di tempo o per troppa ‘cura’ mi viene di intervenire o di fare le cose al suo posto. Ecco, se il problema è la questione tempo, quando proprio non si può più rimandare gli spiego che dobbiamo uscire veloci veloci e stavolta l’aiuta mamma a mettersi le scarpe o fare la tal cosa, ma se questo accade nelle lunghe giornate in casa o nelle serate in cui 5 minuti in più o in meno sono solo una delle n opzioni che ho per le attività, cerco di fidarmi delle sue capacità, della sua curiosità nel provare e della sua voglia di riuscire.
Certo, abbiamo passato lunghiiiiiiiiiiiiiissimi momenti a tavola, in attesa di infilzare un boccolotto o che il cucchiaio entrasse finalmente in bocca ancora pieno, e lavato tovaglie e pavimenti ‘a rota‘, poi abbiamo risolto con l’utilissima plastica (sacrilegio!!!) Ikea 🙂 tipo questa tovaglia (la nostra è di un’altra fantasia, ma il prodotto disponibile quest’anno questo è) o questi bavaglini. E pian piano ha imparato a usare le posate e a mangiare come un cristiano, pur sempre bambino, ma un cristiano. E mangiare tutti insieme, a tavola, ha decisamente un altro sapore, secondo me. Ma questo è solo uno degli esempi; ci sono il pannolino o le scarpe da togliere, le forbici o il coltello da usare, i giochi da sistemare, tante piccole attività che non sa fare ma vuole provare, che lasciargliele fare richiede sì più tempo (e a volte per carità, non ce n’è abbastanza) ma che quando poi le impara di tempo in più ne guadagnamo noi, ‘ché mentre si slaccia le scarpe possiamo sistemare sciarpa e cappello invece di tirarli nel nulla denso dell’ammucchiaticcio quotidiano.

Fare le cose insieme

Dopo i primi mesi di trauma per non riuscire a fare più nulla, con un bambino-cozza e in richiesta costante di attenzioni (sia mai che resti a giocare da solo per più di 1 minuto, eh!), nel momento esatto in cui mi anatemavano con “Ha imparato a camminare? Adesso sì che è finita la pacchia!”, io sono RINATA: la creaturina-cozza sapeva stare in piedi senza cutullarsi di qua e di là ad ogni soffio di vento! E quanto gli piaceva arrampicarsi ovunque!…”Ah sì? Allora te la do io una bella torre dove arrampicarti!”.
Ed eccolo lì, uno sgabellino trasformato in una postazione sicura per stare ad altezza tavolo, iniziando così insieme a preparare i pasti, con Enea che ravanava tra scarti di verdure, assaggiava di tutto e finalmente si sentiva intrattenuto anche se io seguivo la normale routine di gestione di una casa! E con lo stesso principio ci facciamo la doccia insieme, con me o il papà secondo disponibilità, la mattina ci prepariamo insieme, laviamo i denti, prepariamo la colazione. Tutte cose che per lui nn sono ‘compiti’ ma gioco, scoperta e fare le cose come mamma e papà. Enea non ha ancora due anni, e per il momento funziona. Per tante cose, crescendo, perderà l’interesse e dovremo trovare altri modi per coinvolgerlo e insegnargli, con l’esempio (che tanto, gira che ti rigira, è quella la prima forma di educazione) a diventare grande, ma per ora funziona, e approfittiamone finchè dura!

Alla fine dei conti, mi chiedo sempre se quello che sto facendo lo faccio in un certo modo perchè sarà utile a qualcosa domani, o solo perchè è più facile oggi. Il segreto, alla fine, è trovare il giusto equilibrio tra cosa posso e cosa riesco a fare, e mettermi l’anima in pace quando proprio “no, gnaafo”.

L’unica certezza è che non è facile, per niente. Non lo è perchè c’è il giorno in cui sono stanca e sclero, e quello in cui io ce la metto tutta a farle andare bene ma Enea ce la mette tutta a farle andare male, e il risultato è qualcosa di acciaccato che sta nel mezzo e non ha affatto una bella cera. Non è facile perchè sono solo un pezzo del suo mondo, certamente importante, ma solo un pezzo. Faccio la mia parte per tutto il tempo che sono con lui, ma  tanto tempo lui lo passa con altre persone, e non tutti credono nella linea che ho scelto, o riescono a seguirla. Ma credo sia fisiologico, non avremo mai il controllo totale e completo (e per fortuna direi!) della loro vita, e soprattutto della loro anima, per cui, su le maniche e facciamo del nostro meglio, dandogli gli strumenti per fare di quello che li circonda un’opera d’arte, per il resto…incrociamo le dita!

Dulcis in fundo, non posso non condividere questo azzeccatissimo post di 50 sfumature di mamma, per ricordarci che noi genitori possiamo e dobbiamo assolverci dai nostri errori, e possiamo ancora rimediare perchè, quasi sempre, un errore non è per sempre.

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