
Fatto a mano e con il cuore, di notte.
E fu così che dopo 10 mesi di maternità, un lunedì la sveglia ha suonato alle 6.30, e passati i primi minuti accademici di “Chi sono, dove sono, uccidetemi qui, ronf ronf, oddio è tardi!” si sono aperte le danze, uguali ogni mattina da lì in avanti.
Docce, io preparo un figlio poi aria alle camere, letti, pulita veloce al bagno, bucato o veloce riordino mentre papà prepara l’altro figlio, scende a organizzare colazione, merende e pranzo, poi si esce, io la piccola al nido, lui il grande all’asilo, 23 minuti netti di strada fino al lavoro, 8.30-12.30, pausa pranzo ad alta intensità di attività, 14-16, corri dai nonni a riprendere la piccola sclerata dopo 9 ore senza di me e il grande sclerato senza più pisolino pomeridiano, carica figli zainetti avvisi varieedeventuali in macchina, intrattieni la piccola che piange per mammamimanchi e il grande che piange per lasciamidormiretiprego, arriva a casa, scarica figli zainetti avvisi varieedeventuali, coccola la piccola, gioca col grande, sistema qualcosa, arriva papà, prepara la cena, mangia (ahahahah), uno prepara il grande, uno la piccola, papà addormenta il grande, io la piccola, papà crolla e io, se non lo seguo a ruota, sistemo il bucato, riordino o mi dedico a qualche hobby. Finalmente vado a letto, spengo la luce e si sveglia Eva. Buonanotte.
Volendo essere più sintetica, sono rientrata al lavoro e riprende la routine.
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